20 gennaio, 2007

La mala educaciòn...

Raccolgo, condivido e pubblico qui volentieri un passaparola che gira sulla rete.
La scorsa domenica il TG1 ha dedicato lo Speciale serale ad un fenomeno di attualità forse sottovalutato, ma prepotentemente giunto alle luci della ribalta anche grazie ad internet, per mezzo del video-sharing.Filmati ripresi col telefonino hanno mostrato all’Italia una generazione di veri e propri maleducati (a voler usare un eufemismo), privi di rispetto per il prossimo e, va da sè, per il mondo che li/ci circonda.Se è vero che i bambini hanno la naturale capacità di assorbire con facilità le informazioni dagli adulti che li educano, imitandone atteggiamenti, comportamenti, modi di interagire con il prossimo, con la natura, di vivere “civilmente” in società, dovremmo tutti farci un bell’esame di coscienza perchè, in un modo o nell’altro, la responsabilità degli errori dei giovanissimi trova le sue radici in esempi sbagliati dati dai grandi!

Neanche a farlo apposta, dopo la puntata dello Speciale TG1 (che potete rivedere anche online, sul sito RaiClick) siamo incappati nel video di una campagna pubblicitaria australiana lanciata da Napcan, Make your influence positive!, che attraverso alcuni filmati profondamente (purtroppo) vicini a pessimi comportamenti dei “grandi”, induce a riflettere sul riflesso delle proprie azioni, soprattutto nei confronti dei bambini che ci guardano.Children see, children do (I bambini vedono, i bambini fanno) è infatti il titolo scelto per lo spot pluripremiato, realizzato dall’agenzia DDB di Sidney. Dato che in TV questo spot ci sembra di non averlo mai visto, chissà che un piccolo passaparola via Internet -con il vostro aiuto- non possa contribuire a lanciare un invito a riflettere sulle proprie azioni e sui messaggi che esse veicolano: ogni azione è comunicazione.Cerchiamo di tenerlo presente per insegnare ai nostri giovani il rispetto di sè e degli altri.
(grazie a Goolisti.com)

14 gennaio, 2007

Attirare l'attenzione


Uno degli aspetti più emblematici della sordità è quello di essere un deficit in qualche modo nascosto. Dobbiamo tenere conto che le persone deboli di udito tendono a nascondere questo problema poiché sono naturalmente aiutati dalla poca visibilità fisica della sordità. La persona audiolesa è condizionata dal suo stato, dal suo modo di sentire. Sviluppa una maggiore sensibilità e se da un lato questa è necessaria per compensare le difficoltà uditive, dall’altro, comporta una iper attenzione che tende a sovradimensionare aspetti e particolari anche di poco conto. Ciò lo induce a verificare continuamente quello che accade intorno a lui e fargli cogliere contraddizioni che alimentano tensioni, sospetti, incertezze. Un altro aspetto che caratterizza la persona debole di udito risiede nel senso di vergogna, spesso vissuto in modo molto forte. Preferisce l’isolamento (mantenendo attivi solo i rapporti indispensabili) e manifesta atteggiamenti rinunciatari verso iniziative di aiuto poiché comporterebbero la violazione di un tabù diffuso: parlare della sordità. In Italia questo è diventato un problema serio: da un lato siamo il paese con il più alto numero di anziani e, dall’altro le vendite di apparecchi acustici sono tra le più basse in Europa. E non solo; in questi numeri, che non ci fanno certo onore, si riscontra che (sempre in Italia) il maggior numero di apparecchi acustici venduti (o preferiti per meglio dire), sono quelli piccolissimi, inseriti nella cavità dell’orecchio e per questo chiamati invisibili contro il maggior numero di protesi acustiche addirittura colorate che sono in testa alle vendite in paesi come la Norvegia ! Una parte della responsabilità di questo divario va anche ai pubblicitari. Ci sono troppe pubblicità che, attraverso un messaggio falsato e distorto, esaltano qualità che il prodotto non possiede, ingannando l’audioleso oppure promettono condizioni irraggiungibili se non addirittura fasulle. Lo scostamento che deriva tra il messaggio pubblicitario e il cliente diviene a volte incolmabile e non sempre è possibile rimediare. Si genera di conseguenza un pericolosissimo “passaparola negativo” che genera diffidenza e allontanamento. In questo settore, cosi fortemente condizionato dall’estetica, c’è bisogno di “pubblicità progresso”, di pubblicità “sociale”. Occorre chiamare i messaggi pubblicitari in un modo diverso; non più pubblicità, ma comunicazione poiché bisogna anche far sapere cosa può dare un apparecchio acustico e come va utilizzato. Occorre attirare l’attenzione. Infatti oggi le tecnologie nei servizi per gli audiolesi, ormai hanno un ritmo di evoluzione molto simile a quello presente nel mercato dei computer. Da un lato il microchip la fa da padrone e, dall’altro, si è consolidato l’interesse commerciale verso quest‘area di mercato. Ecco allora apparire sms vocalizzati, apparecchi acustici senza pila o altre sofisticazioni incredibili solo fino a qualche anno fa. Vale la pena essere informati e soprattutto informare per non far perdere a nessuno l’opportunità di s e n t i r e.