23 gennaio, 2008

8 buoni motivi....

8 buoni motivi... per portare un apparecchio acustico


1) La sordità si ‘vede’ nel disagio della persona che non capisce quello che gli si dice (meglio evitare)

2) Non mettere subito ai primi segnali un apparecchio acustico è come mettere su pancia … riprendere a correre sarà sempre più difficile (meglio non aspettare)

3) Nella diversità di popoli e generi che riempiono le città di oggi e la ns. vita in genere, chi porta un apparecchio acustico adesso non è più oggetto di attenzione (meglio approfittarne)

4) Sentire meno spesso significa che parlate sempre voi o che avete addirittura smesso di parlare (meglio mettersi a metà, vi pare ?)

5) Gli apparecchi acustici oggi sono in tutto e per tutto dei computer. La tecnologia ha fatto più passi in avanti negli ultimi 5 anni che negli ultimi 50 anni e lo stesso vale per gli apparecchi acustici (non è una ‘moda’ ma potrebbe diventarlo)

6) Molte persone non portano apparecchi acustici perché ‘qualcun altro’ non si è trovato bene e non li porta… ma provare ad ascoltare invece chi ha avuto beneficio ? (il passaparola negativo ‘gira’ 10 volte di più di quello positivo e spesso ad ogni ‘giro’ viene aggiunto qualcosa)

7) Quante persone nuove avete conosciuto nell’ultimo anno da quando sentite meno ? Come sentite la televisione, quante volte siete andati al cinema o a teatro ? (succede perché sentite di meno)

8) La tensione a cui sono sottoposte le persone deboli di udito è causa di malattie anche gravi e porta ad isolarsi (nervosismo, irritabilità, stress… nessuno ‘sceglie’ di volerli)

31 ottobre, 2007

Regole...


Qui di seguito 10 + 10 regole... come evitare danni all'udito e come riconoscerli.

Mi sembra importante non dare per scontato questo tipo di informazioni...



DIECI REGOLE PER DIFENDERE L'UDITO

1. Modera il volume di radio e Tv.
2. Utilizza cuffie o tappi se sei esposto a rumori molto forti quotidianamente, o moderati ma a lungo.
3. Se sei costretto a convivere con rumori ad alta intensità fai delle "pause uditive" tra un'esposizione e l'altra.
4. Fai attenzione a sintomi come difficoltà a comprendere le conversazioni, a seguire dibattiti, a ricordare cose che ti sono state dette.
5. Ricorri subito ai consigli di un medico se senti fruscii o ronzii nelle orecchie.
6. Fai un test dell'udito dopo i cinquanta anni, e poi ogni cinque anni.
7. Informati se nella tua famiglia ci sono stati casi di sordità.
8. Alcuni farmaci sono dannosi per l'orecchio; leggi le avvertenze e limitane l'uso.
9. Non abusare di alcool e fumo. Fanno male anche all'udito.
10. Per ascoltare musica in ambienti rumorosi, usa auricolari che entrano nell'orecchio moderando il volume.

PROBLEMI DI UDITO? ECCO COME CAPIRLO

1. Se ti capita di sentire spesso dei fischi nelle orecchie.
2. Se ti sembra di sentire meglio con un orecchio che con l'altro.
3. Hai difficoltà a seguire le conversazioni in posti affollati.
4. Ti accade di dimenticare i discorsi ascoltati.
5. Hai difficoltà a seguire uno spettacolo al cinema o a teatro.
6. Hai difficoltà a comprendere una conversazione telefonica.
7. Gli altri lamentano che tieni il volume della televisione troppo alto.
8. Chiedi spesso alle persone di ripetere le cose.
9. Durante le conversazioni ti viene istintivo girare la testa o portare la mano all'orecchio.
10. Non percepisci rumori come il fruscio delle pagine di un giornale, il ticchettio del meccanismo di un orologio, il tintinnare di un cucchiaino nella tazza.

15 luglio, 2007

Riepilogo.... (da fonte non specialista....)


Finalmente un articolo ben fatto... e non da leggere necessariamente nei luoghi di settore...


La Sordità ed i disturbi uditivi ad essa legati costituiscono un serio problema medico e sociale, ancora oggi sottovalutato, nonostante ne sia interessato una parte importante della popolazione. Colpisce gravemente l’età infantile ove può provocare severe alterazioni nello sviluppo del linguaggio e conseguenti problematiche nella comunicazione e nell’assetto psicologico del bambino e gravi situazioni di disagio sociale nelle famiglie; interessa fortemente anche l’età giovanile come conseguenza di stili di vita ed abitudini errate, l’età lavorativa a causa dell’esposizione al rumore, e la popolazione anziana per gli inevitabili processi di deterioramento sensoriale legati all’età. Vi è poi il problema dell’inquinamento acustico ambientale che interessa milioni di italiani e può provocare seri disturbi uditivi e di altri apparati vitali. Gli acufeni o ronzii sono spesso disabilitanti e costituiscono un problema medico in parte ancora da risolvere.
La Ricerca audiologica è un cantiere aperto: negli ultimi anni si sono registrati incoraggianti progressi sia in laboratorio che nell’uomo, come nel campo della individuazione di molte sordità genetiche, della diagnosi precoce della sordità infantile già a pochi mesi di vita, del trattamento bio-elettronico delle forme più gravi di sordità neurosensoriale mediante chirurgia implantologica, degli studi sul possibile impiego riparativo delle cellule staminali, dell’individuazione delle sordità causate da disordini autoimmunitari, dello studio e trattamento moderno degli acufeni, dell’impiego di nuovi farmaci protettivi per l’udito, della realizzazione di moderni apparecchi acustici correttivi di tipo digitale.

LA SORDITA’ INFANTILE
La sordità infantile rappresenta una problematica frequente nell’ambito della popolazione italiana; sono circa 1500-2000 i bambini che nascono ogni anno, nel nostro paese, con ipoacusia grave. La ipoacusia, ossia il deficit funzionale dell’organo dell’udito, nei bambini è nella stragrande maggioranza (circa il 90%) dei casi congenita, legata cioè ad agenti che intervengono nel periodo pre e peri-natale. Le cause ereditarie sono le più frequenti (oltre il 50%), seguite da quelle infettive, tossiche, da sofferenza fetale, traumatiche. Di queste solo una metà vengono identificate prima dell’anno di vita, le altre vengono identificate tardivamente con una enorme ricaduta negativa sullo sviluppo comunicativo e cognitivo del bambino. Alcuni dati statistici descrivono bene la situazione in Italia:
• le sordità insorte prima o al momento della nascita costituiscono l’ 80% fra tutte le sordità infantili gravi; le sordità comunque acquisite prima dei tre anni, in periodo di apprendimento del linguaggio, costituiscono un ulteriore 10%;
• 1-2 bambini su 1000, nati apparentemente sani, presentano sordità alla nascita;
• 5-10 bambini su 100 nati a rischio, con varia patologia neonatale, presentano sordità;
• il 25-30% delle sordità precoci infantili sono di origine sconosciuta ma verosimilmente una parte di esse potrà essere in un prossimo futuro classificata come di origine genetica;
• in Italia sono circa 25.000 i bambini al di sotto dei 10 anni che hanno disturbi della comunicazione per deficit uditivo di vario grado;
• sono circa 6500-7000 i bambini le cui famiglie richiedono ogni anno il sostegno scolastico per problemi uditivi.
La diagnosi tardiva rende tutto molto più faticoso per il bambino. L’unica possibilità di arginare gli effetti dell’ipoacusia è costituita dalla prevenzione e dalla diagnosi precoce. La diagnosi può essere considerata ‘precoce’ se effettuata e confermata entro i primi 6-8 mesi di vita. Fino alla metà degli anni Novanta l’età media di prima diagnosi anche nei Paesi più industrializzati è stata di 30-36 mesi quindi in notevole ritardo rispetto ai tempi di acquisizione fisiologica del linguaggio.

LA SORDITA’ NELL'ANZIANO
La Sordità nell’anziano, o presbiacusia, è favorita da complessi fattori, tra cui quelli legati a processi neuro-degenerativi, circolatori e vascolari, ed è tra le condizioni più disabilitanti nella popolazione della cosiddetta terza età. L'isolamento prodotto dall'insufficienza di stimolazioni uditive va sicuramente a peggiorare la già precaria qualità della vita riducendo ulteriormente il suo livello di autonomia, le capacità di vita di relazione, il suo assetto cognitivo, psicologico ed emozionale.
Un salto in avanti nella qualità tecnologica degli apparecchi acustici ed una preparazione più qualificata, di livello universitario, degli operatori addetti alla protesizzazione acustica (audioprotesisti) hanno di fatto già prodotto un miglioramento del livello assistenziale e riabilitativo, ma ancora non sono molti gli anziani che utilizzano con continuità e profitto l’ausilio protesico e che si sottopongono ad un idoneo allenamento acustico, indispensabile quando, come nell’età avanzata, si devono rimodellare le strutture del sistema nervoso centrale. Un aiuto importante in questo settore può derivare dalla ricerca scientifica sui processi di invecchiamento sensoriale uditivo, sui mezzi farmacologici per prevenirlo e rallentarlo, sulle tecnologie di correzione protesica. Educare ed informare gli anziani e le loro famiglie sulle conseguenze di un isolamento uditivo e sulle possibilità mediche e rieducative, incoraggiandoli a sottoporsi a test uditivi in ambiente clinico, informandoli sulle possibilità di correzione con un idoneo apparecchio acustico ed abbattere le remore psicologiche ancora troppo radicate. Ed inoltre assistere l'anziano in tutto il suo cammino successivo promuovendo incontri periodici con personale qualificato, affinché lentamente, ma fattivamente, possa avvantaggiarsi in pieno della correzione offerta dallo strumento acustico e dalla rieducazione all'ascolto. Migliorare la sua integrazione nella società ed educare il cittadino ad accettare ed aiutare l'anziano che presenta difetti comunicativi; rallentare e prevenire, suggerendo idonei interventi di igiene di vita, i processi di invecchiamento sensoriale.

IL RUMORE AMBIENTALE: Un grande rischio per l’udito e per la qualita’ della vita
Dei ben sette milioni di italiani con problemi o disturbi uditivi, due milioni di adulti sono colpiti da Sordità a causa di attività lavorative in ambiente rumoroso, con ripercussioni che possono assumere carattere di particolare gravità sulla capacità produttiva e sulla vita di relazione del soggetto, nonché sui costi sociali.
I limiti di rumore imposti per la sicurezza sul lavoro, benché fissati dalle norme comunitarie e recepite dalla nostra giurisprudenza con il D.Lgs. 15 agosto 91 n. 277, sono provvisori e non tutelano in maniera certa le persone esposte e comunque non esistono mezzi di controllo adeguati alla vastità del problema.
L’inquinamento acustico nell'ambiente di vita, originato per esempio dal traffico, dalle attività ed apparecchiature condominiali, ha raggiunto in molte città livelli inaccettabili, fuori dai limiti raccomandati dall'Organizzazione Mondiale di Sanità ed imposti dalla normativa di legge vigente (Legge quadro n. 447/95), colpendo senza esclusione l'apparato uditivo di bambini, adulti ed anziani. Ma tale fonte di disagio è in grado di comportare anche problematiche sul riposo e sul sonno, sulla capacità di concentrazione e studio, sull’equilibrio psicofisico del soggetto che ‘subisce’ il rumore ed infine problematiche patologiche reattive a carico dell’apparato cardiovascolare, ormonale e del sistema nervoso centrale. Tutte le attività rumorose non possono superare il limite della ‘normale tollerabilità di ogni cittadino che desidera quiete e riposo, come stabilito dalle vigenti disposizioni di legge; tutte le sorgenti rumorose dovrebbero essere acusticamente isolate in modo che suoni e vibrazioni non si trasmettano nelle vicine abitazioni.

(da correrenelverde.it)

07 giugno, 2007

Finalmente...la legge !


Finalmente una legge che tuteli maggiormente le orecchie dal rumore pazzesco che sempre più ci assale ! Da sapere... da leggere. (Fonte: unionecosulenti.it).





Panorama storico: D.Lgs. 277/91 sicurezza e salute sul lavoro, il rumorePer recepire le Direttive Comunitarie n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, il Legislatore italiano aveva emanato il decreto Legislativo n. 277/91 che, agli artt. 38-49, prevedeva la disciplina per la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione al rumore durante l'attività lavorativa.Il rumore viene inteso come trasmissione di suoni e si tratta di un fenomeno vibratorio; i parametri per la sua misurazione sono l'ampiezza e la frequenza. Il rumore è misurato in decibel per quanto concerne l'ampiezza e in hertz per quanto concerne la frequenza.Il rumore, quando supera determinati limiti, causa danno (ipoacusia, sordità) e comporta l'insorgere di una malattia professionale: infatti, il Legislatore ha rivolto la sua attenzione a questo fattore, predisponendo un'adeguata disciplina normativa al fine prevenire i danni da eccessiva esposizione a rumori che superano una determinata soglia e ristrutturare adeguatamente gli ambienti di lavoro inquinati. Gli effetti nocivi del rumore sulla salute si suddividono in - uditivi;- extrauditivi.I primi hanno un'incidenza negativa sull'organo dell'udito in quanto provocano fischi e ronzii alle orecchie, in un primo momento, e riducono la capacità uditiva; possono, nei casi più gravi, portare alla sordità.Gli effetti uditivi si possono distinguere, a seconda del grado di importanza, in:- sordità temporanea, recuperabile a seguito di un periodo di riposo in un ambiente silenzioso;- affaticamento accompagnato da una persistente riduzione della sensibilità, nonché da disturbi generici che persistono per 10 giorni;- sordità conseguente ad un trauma acustico accompagnata dalla riduzione della sensibilità.Tra gli effetti extrauditivi, invece, rientrano insonnia, irritabilità, diminuzione della capacità di concentrazione, sindrome ansioso-depressiva, aumento dei livelli della pressione arteriosa, gastriti, ulcere, alterazioni tiroidee ed altri ancora.

Attuazione della prevenzione: le novità apportate dal D.Lgs. 195/2006, integrativo del D.Lgs. 626/94La precedente normativa in materia di sicurezza e salute sul lavoro (D.Lgs. 277/91), relativamente alla prevenzione degli effetti nocivi del rumore, prevedeva l'attuazione dei seguenti principi:- riduzione dei livelli di rumore alla fonte (ove possibile);- limitazione della propagazione delle onde sonore negli ambienti di lavoro;- limitazione dei tempi di esposizione al rumore dei singoli lavoratori;- protezione dei lavoratori attraverso l'utilizzo di appositi dispositivi individuali (ad esempio, cuffie o tappi auricolari). Sostanzialmente, l'attuale normativa ha mantenuto questi criteri per l'attuazione della prevenzione. Le novità più significative riguardano, invece, i limiti dei livelli di rumore cui sono esposti i lavoratori durante le lavorazioni, nonché le modalità di rilevazione.Secondo quanto disposto dalla precedente disciplina normativa, il datore di lavoro aveva l'onere di fornire appropriati dispositivi individuali di protezione dell'udito a tutti i lavoratori esposti quotidianamente a livelli di rumore superiori a 85 decibel. Il D.Lgs. 195/2006 ha introdotto nel D.Lgs. 626/94 il Titolo V-bis "Protezione da agenti fisici", che stabilisce quali sono i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza conseguenti all'esposizione al rumore.L'attuale normativa distingue valori di esposizione e valori d'azione i primi sono i livelli di rumore cui sono esposti i lavoratori indipendentemente dall'utilizzo individuale di particolari macchinari, ovvero i rumori presenti comunque in un locale dove si effettuano particolari lavorazioni rumorose; i secondi, invece, sono i livelli di rumore prodotti dall'utilizzo di singoli macchinari.Secondo la nuova disposizione legislativa, il livello di esposizione quotidiana al rumore è dato da un valore medio, calcolato in funzione del tempo, del livello di esposizione individuale durante una giornata lavorativa di 8 ore; mentre il livello di esposizione settimanale viene calcolato su un arco temporale di 5 giornate lavorative di 8 ore ciascuna.L'art. 49-quater del D.Lgs. 626/94, come modificato dal D.Lgs. 195/2006, stabilisce i valori limite di esposizione e di azione.In una giornata lavorativa di 8 ore, i valori di esposizione al rumore sono fissati in 87 decibel; mentre relativamente ai valori di azione l'attuale disposizione normativa distingue tra valori di azione superiori a 85 decibel e valori di azione inferiori a 80 decibel.Nei casi in cui l'esposizione giornaliera dei lavoratori sia variabile in maniera significativa in conseguenza delle caratteristiche proprie di una determinata lavorazione, le disposizioni legislative permettono di sostituire il livello di esposizione giornaliero al rumore con il livello di esposizione settimanale, purché, però, il livello di esposizione settimanale non superi 87 decibel e che vengano adottate misure adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi a queste attività.L'art. 49-quinquies del D.Lgs. 626/94, come modificato dal D.Lgs. 195/2006, stabilisce determinati obblighi a carico del datore di lavoro, il quale, nella valutazione del rumore durante l'attività lavorativa, deve prendere in considerazione, tra l'altro,- ogni effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rumore;- tutte le interazioni fra rumore e sostanze ototossiche connesse all'attività lavorativa specifica e relativamente a rumore e vibrazioni, nei limiti delle possibilità a livello tecnico;- ogni effetto indiretto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori conseguentemente alle interazioni fra rumori e segnali di avvertimento o altri suoni che devono essere osservati per ridurre i rischi di infortunio;- l'esistenza di attrezzature alternative adatte a ridurre l'emissione del rumore;- la disponibilità di dispositivi di protezione dell'apparato uditivo dotate di adeguate caratteristiche di attenuazione.Il datore di lavoro era ed è attualmente tenuto adattare ai singoli lavoratori e alle loro condizioni individuali di lavoro i dispositivi di protezione forniti; questi dispositivi, per svolgere la loro funzione in maniera completa ed appropriata, devono essere utilizzati correttamente. Ulteriore obbligo del datore di lavoro era ed è rimasto quello di consultare gli stessi lavoratori o i loro rappresentanti relativamente alla scelta dei modelli dei dispositivi di protezione. La previgente normativa disponeva che ogni lavoratore esposto quotidianamente al rumore la cui soglia era superiore a 85 decibel doveva essere sottoposto ad una visita medica preventiva e ad un esame audiometrico, indipendentemente dall'utilizzo dei dispositivi di protezione individuali. Attualmente, invece, la legge stabilisce che la visita preventiva e l'esame audiometrico devono essere effettuati, per quanto riguarda sia l'esposizione al rumore sia l'esposizione ai valori di azione, ovvero i rumori specifici emessi dai macchinari durante le lavorazioni, sui singoli lavoratori che utilizzano i singoli macchinari.Questa procedura medico-sanitaria doveva e deve essere ripetuta periodicamente e la frequenza delle visite periodiche è stabilita dal medico competente; gli intervalli di tempo intercorrenti tra la visita medica preventiva e le successive visite mediche periodiche non deve comunque superare determinati intervalli temporali.Per le lavorazioni che comportano un'esposizione quotidiana personale al rumore che supera la soglia di 90 decibel, il D.Lgs 277/91 prevedeva l'apposizione, nei luoghi di lavoro, di segnaletica ad hoc ed, eventualmente, una limitazione dell'accesso a detti luoghi mediante delimitazione del perimetro di detti luoghi.Il dettato normativo prevedeva e prevede, inoltre, che i lavoratori esposti quotidianamente a rumore la cui soglia è compresa fra 80 e 85 decibel hanno facoltà di richiedere il controllo sanitario, ai quali viene esteso se il medico competente lo ritiene opportuno.Obblighi del datore di lavoro relativamente all'applicazione delle disposizioni in materia di prevenzione dei danni causati dall'esposizione al rumoreLa disposizione normativa di cui al D.Lgs. 277/91 prevedeva espressamente che il datore di lavoro era tenuto ad effettuare la valutazione del rumore negli ambienti di lavoro durante lo svolgimento delle attività lavorative al fine di evidenziare eventuali rischi; questa valutazione, volta a misurare l'esposizione dei singoli lavoratori al rumore, era programmata e veniva effettuata ad intervalli particolari ad opera del personale tecnico competente, sotto la diretta responsabilità del datore di lavoro. Attualmente, la valutazione cui è tenuto il datore di lavoro, ai sensi dell'art. 49-quinquies del D.Lgs. 626/94, è programmata ed effettuata almeno ogni 4 anni, da personale tecnico competente. Comunque, il datore di lavoro, come stabilito anche nella previgente normativa, deve aggiornare la valutazione dei rischi ogni qual volta si verifichino notevoli mutamenti e quando la sorveglianza sanitaria ne rileva la necessità.Il rapporto della valutazione del rumore negli ambienti di lavoro viene redatta dal datore di lavoro, il quale deve indicare specificamente le misurazioni effettuate, nonché gli strumenti ed i metodi utilizzati per effettuarle.Secondo il dettato normativo previgente, il datore di lavoro, doveva, altresì, adottare gli accorgimenti necessari per minimizzare i rischi che derivano dall'esposizione al rumore attraverso l'adozione di misure tecniche, organizzative e procedurali concretamente attuabili, privilegiando gli interventi alla fonte ed utilizzando, comunque, le tecnologie più avanzate disponibili sul mercato.L'attuale normativa specifica ulteriormente gli obblighi posti a carico del datore di lavoro; infatti, all'art. 49-sexies del D.Lgs. 626/94, il Legislatore evidenzia espressamente che il datore di lavoro deve eliminare i rischi alla fonte o, se questo non è possibile, deve ridurli al minimo e comunque, i livelli di esposizione non possono eccedere i valori limite stabiliti dall'art. 49-quater, D.Lgs. cit.. Al fine di adeguarsi alla previsione legislativa, il datore di lavoro deve utilizzare determinate misure, tra le quali:- l'adozione di metodi di lavoro alternativi che comportano una minore esposizione al rumore;- la scelta di attrezzature di lavoro adeguate, in relazione con l'attività lavorativa da svolgere, in grado di emettere il minor rumore possibile;- l'adozione di adeguate misure tecniche per contenere il rumore trasmesso via etere (ad esempio, involucri o rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti) e il rumore strutturale (ad esempio, sistemi di isolamento);- la riduzione del rumore attraverso la limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione, nonché l'adozione di orari appropriati, con periodi di riposo sufficienti.Nel caso in cui, a seguito della valutazione dei rischi, i valori superiori di azione vengono oltrepassati, il datore di lavoro è tenuto ad elaborare ed applicare un programma di misure tecniche ed organizzative per ridurre l'esposizione al rumore.Nel caso di particolari attività, se i lavoratori possono usufruire di locali di riposo messi a loro disposizione dal datore di lavoro, il rumore all'interno di questi deve essere ridotto al livello compatibile con la loro finalità e le loro condizioni di utilizzo.




Articolo a cura dell'Avv. Alessandra Messa

21 marzo, 2007

Come si costruisce un endo... veloce veloce

Certo... visto così sembra facile e veloce... e ci può anche stare.... BASTA CHE POI NON FISCHI ! :-) (Pubblicato fresco dalla Norvegia ... e brava Bernafon che mette i suoi video in rete !)

11 marzo, 2007

Spiegazione esemplare...

Gran bel video... spiega benissimo gli effetti del rumore sulle ns. orecchie...(è un pò lungo ...conviene metterlo subito in pausa e attendere qualche minuto)


Online Videos by Veoh.com

25 febbraio, 2007

Situazione vera o paradossale ?

Spot Oticon ... ma perchè non li fanno vedere in italia ?!

Fase 2...?

Iniziata la 'Fase 2'... quella dove il 'consumatore' in qualche modo 'sceglie' e/o reagisce in questo modo chiedendo/preferendo altri prodotti più adeguati... chissà se è iniziata davvero o è solo uno spot. Divertente comunque ...e un modo indubbiamente 'moderno' di presentare i prodotti !





19 febbraio, 2007

Finalmente in italiano !

Finalmente una bella pubblcità che fa anche comunicazione... e comunica... perchè e come un moderno apparecchio acustico digitale fa oggi la differenza ! In italiano e ben coreografata...
Non si può certo dire che abbiano scelto male il testimonial gli amici della Bernafon (ch).
Comunque ... c'eravamo anche noi... al loro 60esimo !

01 febbraio, 2007

Tempo di cambiare...


Vorrei qui usare una metafora per introdurre unargomento che mi sta a cuore: : illustrare perché gli strumenti e le modalità di controllo dell’applicazione protesica (il collaudo ASL) vanno adeguati. Oggi se andiamo con la nostra auto da un elettrauto a far sistemare un malfunzionamento di una parte elettronica (e digitale), osserviamo come gli strumenti di diagnosi siano cambiati. Ovviamente ciò accade poiché è mutata profondamente la tecnologia elettronica a bordo delle ns. auto. La stessa cosa avviene per gli apparecchi acustici ma non solo. Continuando la metafora, anche le modalità di frenata di un automobile sono adattate alle condizioni ‘reali’ della strada e non vengono più testate in assoluto. Addirittura in presenza di una perdita di aderenza, la riduzione della potenza frenante è accettata poiché in questo caso non ne abbassa l’efficacia ! Allo stesso modo un apparecchio acustico digitale ‘vero’ analizza lo spettro del parlato nelle varie condizioni ambientali (quindi reali) e di conseguenza (per esempio) viene esaltata la voce, in presenza di rumori di fondo o di suoni comunque privi di reali informazioni (come il traffico…). Ciò avviene grazie ala tecnologia digitale che rende possibile l’abbattimento automatico del rumore circostante ottimizzando l’ascolto anche in una situazione sonora complessa, ma non solo. Questa capacità di discernimento sonoro viene applicata, variata, regolata istante per istante affrontando e risolvendo le variabili sia che provengono dall’ambiente o naturalmente presenti quando il soggetto fisicamente si sposta.
Questa sofisticazione non può essere più valutata a ‘compartimenti assoluti’ come i toni puri emessi da un audiometro ma deve essere misurata con la prova vocale poiché è questo è il vero obbiettivo dell’applicazione protesica ed è ciò che va considerato per misurarne l’efficacia.
Non voglio qui entrare nel dettaglio di ‘come’ viene elaborato il segnale sonoro rilevato nell’ambiente e in che modo venga ‘restituito’ al paziente (grazie a questi veri e propri micro-computer), ma spero sia chiaro il messaggio: c’è una urgente necessità di modificare i parametri di verifica dell’applicazione protesica (a tutto vantaggio dell’audioleso) e ciò sarà possibile solo acquisendo informazioni corrette ….
Io ci provo a farle passare….

20 gennaio, 2007

La mala educaciòn...

Raccolgo, condivido e pubblico qui volentieri un passaparola che gira sulla rete.
La scorsa domenica il TG1 ha dedicato lo Speciale serale ad un fenomeno di attualità forse sottovalutato, ma prepotentemente giunto alle luci della ribalta anche grazie ad internet, per mezzo del video-sharing.Filmati ripresi col telefonino hanno mostrato all’Italia una generazione di veri e propri maleducati (a voler usare un eufemismo), privi di rispetto per il prossimo e, va da sè, per il mondo che li/ci circonda.Se è vero che i bambini hanno la naturale capacità di assorbire con facilità le informazioni dagli adulti che li educano, imitandone atteggiamenti, comportamenti, modi di interagire con il prossimo, con la natura, di vivere “civilmente” in società, dovremmo tutti farci un bell’esame di coscienza perchè, in un modo o nell’altro, la responsabilità degli errori dei giovanissimi trova le sue radici in esempi sbagliati dati dai grandi!

Neanche a farlo apposta, dopo la puntata dello Speciale TG1 (che potete rivedere anche online, sul sito RaiClick) siamo incappati nel video di una campagna pubblicitaria australiana lanciata da Napcan, Make your influence positive!, che attraverso alcuni filmati profondamente (purtroppo) vicini a pessimi comportamenti dei “grandi”, induce a riflettere sul riflesso delle proprie azioni, soprattutto nei confronti dei bambini che ci guardano.Children see, children do (I bambini vedono, i bambini fanno) è infatti il titolo scelto per lo spot pluripremiato, realizzato dall’agenzia DDB di Sidney. Dato che in TV questo spot ci sembra di non averlo mai visto, chissà che un piccolo passaparola via Internet -con il vostro aiuto- non possa contribuire a lanciare un invito a riflettere sulle proprie azioni e sui messaggi che esse veicolano: ogni azione è comunicazione.Cerchiamo di tenerlo presente per insegnare ai nostri giovani il rispetto di sè e degli altri.
(grazie a Goolisti.com)

14 gennaio, 2007

Attirare l'attenzione


Uno degli aspetti più emblematici della sordità è quello di essere un deficit in qualche modo nascosto. Dobbiamo tenere conto che le persone deboli di udito tendono a nascondere questo problema poiché sono naturalmente aiutati dalla poca visibilità fisica della sordità. La persona audiolesa è condizionata dal suo stato, dal suo modo di sentire. Sviluppa una maggiore sensibilità e se da un lato questa è necessaria per compensare le difficoltà uditive, dall’altro, comporta una iper attenzione che tende a sovradimensionare aspetti e particolari anche di poco conto. Ciò lo induce a verificare continuamente quello che accade intorno a lui e fargli cogliere contraddizioni che alimentano tensioni, sospetti, incertezze. Un altro aspetto che caratterizza la persona debole di udito risiede nel senso di vergogna, spesso vissuto in modo molto forte. Preferisce l’isolamento (mantenendo attivi solo i rapporti indispensabili) e manifesta atteggiamenti rinunciatari verso iniziative di aiuto poiché comporterebbero la violazione di un tabù diffuso: parlare della sordità. In Italia questo è diventato un problema serio: da un lato siamo il paese con il più alto numero di anziani e, dall’altro le vendite di apparecchi acustici sono tra le più basse in Europa. E non solo; in questi numeri, che non ci fanno certo onore, si riscontra che (sempre in Italia) il maggior numero di apparecchi acustici venduti (o preferiti per meglio dire), sono quelli piccolissimi, inseriti nella cavità dell’orecchio e per questo chiamati invisibili contro il maggior numero di protesi acustiche addirittura colorate che sono in testa alle vendite in paesi come la Norvegia ! Una parte della responsabilità di questo divario va anche ai pubblicitari. Ci sono troppe pubblicità che, attraverso un messaggio falsato e distorto, esaltano qualità che il prodotto non possiede, ingannando l’audioleso oppure promettono condizioni irraggiungibili se non addirittura fasulle. Lo scostamento che deriva tra il messaggio pubblicitario e il cliente diviene a volte incolmabile e non sempre è possibile rimediare. Si genera di conseguenza un pericolosissimo “passaparola negativo” che genera diffidenza e allontanamento. In questo settore, cosi fortemente condizionato dall’estetica, c’è bisogno di “pubblicità progresso”, di pubblicità “sociale”. Occorre chiamare i messaggi pubblicitari in un modo diverso; non più pubblicità, ma comunicazione poiché bisogna anche far sapere cosa può dare un apparecchio acustico e come va utilizzato. Occorre attirare l’attenzione. Infatti oggi le tecnologie nei servizi per gli audiolesi, ormai hanno un ritmo di evoluzione molto simile a quello presente nel mercato dei computer. Da un lato il microchip la fa da padrone e, dall’altro, si è consolidato l’interesse commerciale verso quest‘area di mercato. Ecco allora apparire sms vocalizzati, apparecchi acustici senza pila o altre sofisticazioni incredibili solo fino a qualche anno fa. Vale la pena essere informati e soprattutto informare per non far perdere a nessuno l’opportunità di s e n t i r e.

31 dicembre, 2006

Prometto !

Prometto... nel 2007 riuscirò a far girare un video così ai miei clienti !


Oticon's Day

Oticon Hearing Aids Manufacturer... che belli questi uffici 'nordici'. Anche se non occorre andare tanto lontano...nella vicina Svizzera alla Bernafon l'aria è più o meno la stessa...anzi ..sicuramente molti di più sono i giovani !

29 dicembre, 2006

Orrore !

Ve lo spiego io cos'è questo aggeggio anche se è scritto in Giapponese...
E' uno di quei terribili oggetti che solo gli asiatici possono inventare... un pulisci- orecchie... un vero orrore ...
Riesco a stupirmi sempre più (in negativo) di quanto male sia capace di farsi l'umanità...(indipendentemente dalla razza !)
Il link ? QUI

20 dicembre, 2006

Le apparenze ingannano (2)

Ecco una bellissima risposta ! (vedere prima il post precedente).
Fantastico !

Le apparenze ingannano (1)

Si sa... non è tutt'oro quel che luccica... ricordiamolo ! (e i prodigi della tecnologia digitale al computer !)

17 dicembre, 2006

Riflettere....

Fa pensare a quello che i bambini capiscono...e come se capiscono.
Da riflettere... sempre !
Grazie a chi l'ha messo in rete !

26 novembre, 2006

Abbraccio ....!!!

Visto da piu' di sei milioni di persone in rete (tra i primi 10 video piu' visti)... un successo sentito per una campagna dell'abbraccio... Che dire ... guardate anche il sito... bello ... MI HANNO RUBATO L'IDEAAAAAAAAAAAAAA !!!!! :-) ma io farò di piu' un abbraccio 'mondiale'... (cercate su Abbraccio ....!!!!)
Buon abbraccio a tutti ! (qui la sezione italiana...)


04 settembre, 2006

Bellissima...

Queste... semplici pubblicità... sono quelle che mi piacciono (e mi fanno commuovere). Troppo carina !

Il ruolo della famiglia nel supporto della persona audiolesa...

La famiglia riveste una posizione di influenza nella vita dell’audioleso. Che siano genitori o figli, l’attribuzione di importanza che esercitano sul problema può essere determinante. A loro va fatto comprendere il disagio e la reale difficoltà del familiare; vanno “tradotti” significati dell’atteggiamento del cliente, per esempio, l’isolamento dovuto alla difficoltà di relazionarsi viene percepito come una mancanza di volontà o interesse nei loro confronti e far passare questa informazione agevola la disponibilità del familiare stesso. Inoltre anche nel processo di informazione sui benefici dell’applicazione protesica, vanno coinvolti i familiari proprio per ottenere da un lato, un importante feedback e dall’altro evitare (grazie alle informazioni date) inutili ansietà.
Nella " pubblicita' " qui riportata, (cliccarci sopra per vederla meglio...) c’è un esempio, di come si è cercato di portare a conoscenza, descrivendo in forma testuale, cosa percepisce una persona debole di udito nell’ascolto di una radiocronaca (quindi senza l’aiuto della lettura labiale) e senza l’uso di un apparecchio acustico. Il messaggio, in questo caso, è stato volutamente calato in un ambito di ampio utilizzo (sport – calcio) proprio per facilitarne il riscontro, la conferma. In sintesi possiamo dire che le stesse, modalità di comunicazione, rivolte all’audioleso, vanno perpetrate anche ai familiari con anche maggiore attenzione poiché essi, di fatto, non sono così coinvolti quanto chi sta vivendo il problema uditivo. Per esempio, anche l’aiuto che attuano coloro che si relazionano con l’audioleso parlando a voce alta, va fatto comprendere quanto possa essere carico di aggressività e possa generare tensioni conseguenti (come si vede in questo video).

15 agosto, 2006

Il dilemma della “prova”...


Un apparecchio acustico è un dispositivo medico così definito in base al D.L. 24/2/1997 n. 46 e in questo caso si rientra nella obbligatorietà prevista dalla legge di dover garantire la rintracciabilità totale del prodotto e la sua installazione univoca. Per questo in quelle aziende che offrono le protesi acustiche in prova ci dovrebbero essere registri a parte poiché, se la protesi non viene più assegnata al cliente va distrutta o decostruita e sottoposta ad un ricondizionamento igenizzante e sterilizzante. L’importanza e il valore di tutto ciò è dimostrato anche dal fatto che l’obbligo della rintracciabilità è stato recentemente elevato per legge dai 5 anni di prima ai 10 di oggi (come per le automobili) A garanzia del cliente. Ma non solo, in caso di un malfunzionamento all’origine, il nostro sforzo (e quello del paziente) rischia di essere vanificato; sia detto per inciso, oggi sono stati raggiunti notevoli livelli di sofisticazione, però può succedere. Per i circuiti prodotti in serie solo l’installazione univoca rende possibile risalire a tutta la catena che va dal produttore di componenti all’assemblatore, da chi lo mette sul mercato all’audioprotesista e naturalmente arrivare al cliente. Inoltre gli apparecchi acustici, eventualmente reimmessi dopo una prova, non sarebbero da considerarsi come nuovi. Di fatto se viene ritirato un apparecchio acustico da una prova e non si segue l’iter descritto, si è perseguibili per reato di truffa o frode in commercio. Ci sono anche altri dispositivi medici, come questi raffigurati, come mai non sono offerti in prova ? Perché non c’è la pubblicità! E’ evidente che se da un lato la “prova” può interessare il cliente, dall’altro va detto che non si tratta di una lavatrice. Quando la prova viene proposta dalle aziende si tratta di un escamotage commerciale che “spinge” la vendita e successivamente ne diminuisce automaticamente la responsabilità del venditore: “l’aveva provato…quindi va bene”. Nessun dispositivo medico al mondo e in nessun settore offre possibilità immediate di risultati: da una semplice dentiera ad un più complesso arto ortopedico. Chi li ha utilizzati sa oggi che ci è voluto un po’ di tempo e convincimento personale… non certamente prove. Evidentemente ciò non succede poiché sono coinvolti aspetti igienici rilevanti al pari di altri dispositivi medici, proprio come le protesi acustiche dove hanno provato ampiamente come siano inevitabilmente recettori di agenti patogeni, quindi trasmissibili (basta fare una ricerca in internet per rendersi conto di quanto sia dibattuto il problema).Certo, se la pubblicità insiste, i clienti poi lo pretendono ma siamo sicuri di non creare false aspettative e che proprio dietro a queste, invece, non ci siano le ragioni di cosi tanti abbandoni nell’uso delle protesi acustiche? Sentire è una attività complessa, e come tale va gestita per ottenere quei risultati positivi che hanno i nostri pazienti. Siamo consapevoli che una “prova” semplicemente non ha senso poiché su ben altro dovremo lavorare. Non è il modo migliore di garantire l’impegno e la professionalità; il senso di una dimostrazione è e rimane solo quello di far toccare con mano, di dare una idea di come funziona e far passare una prima importante sensazione che motivi seriamente e serenamente la volontà di voler sentire meglio!!! E il risultato migliore è quello di far tornare a “comunicare” parlando concretamente degli obbiettivi sui quali (ricordiamolo) è chiamato a “lavorare” anche il cliente!
A nessuno verrebbe mai in mente, se non fosse che questa “sciocchezza” è pubblicizzata e vista come una garanzia, di “provare” una dentiera !
O no ?

L' informazione al primo posto...all'estero

Perchè in Italia non c'è niente di niente ?
Perchè fuori dall'Italia basta farsi un 'giretto' in internet e si trovano addirittura le trasmissioni tv riportate....
links...1 2 3 (news dei telegiornali)
4 (fantastica parodia di chi deve prendere un appuntamento in un negozio di app. acustici ma purtroppo non ci sente..un fraintendimento continuo...)
e il più straordinario di tutti... 5
una Barbie con occhiali e apparecchi acustici....(e ne parlano all'interno di un telegiornale !)

C'è di che riflettere... o no ?

13 agosto, 2006

Come raggiungere e verificare la soddisfazione... ovvero le aspettative del cliente

Un obiettivo da perseguire è quello di eliminare le carenze di informazione. Senza informazione non può esserci comunicazione. Il punto di partenza è costituito dalla valutazione dei bisogni e delle aspettative, sia espresse che implicite; scoprire e conoscere “dove” si trova oggi il cliente e come si sente al fine di valutare la sua condizione. Si indaga sul livello di soddisfazione/insoddisfazione con strumenti specifici e domande dirette tese a individuare le caratteristiche che deve avere il prodotto/servizio, poiché una applicazione, che per definizione è “su misura” non può essere individuata senza questa indispensabile analisi. Inoltre, alla fase di interviste vanno fatte seguire delle verifiche e, se necessario, ulteriori supplementi di informazioni per poter dare al cliente la visibilità totale delle opportunità offerte. In sintesi va instaurato un dialogo ricco di contenuti dove, di volta in volta, si valutino i benefici raggiunti e quelli ancora da raggiungere e si dia traccia del miglior modo per conseguire l’auspicato cambiamento. Attraverso l’esperienza d’uso si arriva all’appagamento del cliente; dalla diffidenza si arriva alla comprensione della preferenza di marca, di modello, del percorso di adattamento effettuato. Questi aspetti al giorno d’oggi, potrebbero essere più facilmente conseguiti “sovradimensionando” le soluzioni ma sono modalità che non fanno riconoscere all’audioprotesista quella professionalità frutto di competenza e passione. La competenza va “manifestata” al cliente anche con modalità semplice e con un’attenzione costante. Per esempio invitare nei cicli previsti il cliente a fare gli opportuni controlli, informarlo su tutte le novità, porre attenzione allo stato di salute delle sue orecchie, verificare il livello di perdita uditiva nel tempo e altro ancora, sono tutti fattori che concorrono a “tastare il polso” e che enfatizzano quella indispensabile sensazione di qualità che è opportuno ci sia. Fornire “informazioni”, aggiornamenti, notizie e curiosità, anche internazionali, legate al mondo della sordità, sul funzionamento e benefici di accessori, sono tutti elementi che, condivisi con il cliente, consentono altre opportunità di contatto. E’ un modo per creare “cultura” contribuendo a normalizzare sempre più il settore e trasmettere serenità facendo si che l’argomento protesico venga trattato diffusamente. Per esempio, le tecnologie nei servizi per gli audiolesi, ormai hanno un ritmo di evoluzione molto simile a quello presente nel mercato dei computer. Da un lato il microchip la fa da padrone e, dall’altro, si è consolidato l’interesse commerciale verso quest‘area di mercato purtroppo in aumento. Ecco allora apparire sms vocalizzati, apparecchi acustici senza pila o altre sofisticazioni incredibili solo fino a qualche anno fa. Vale la pena essere informati e soprattutto informare.

08 agosto, 2006

Concorso ?



Una sfida sempre valida...chi indovina che cosa è ? (non è un apparecchio acustico...).

07 agosto, 2006

La soddisfazione del cliente e perché parlare di soddisfazione...

Il livello della soddisfazione è strettamente dipendente dal valore assegnato al prodotto e dalle aspettative. Diviene quindi fondamentale comprendere la sensibilità dell'interlocutore per poter misurare la sua capacità di percepire la qualità. Questo aspetto richiede molta attenzione poiché il cliente ha bisogno di essere costantemente motivato. L’efficienza operativa, i controlli costanti, il coinvolgimento, se necessario, dei familiari, sono tutti elementi che contribuiscono a far si che il cliente si senta “seguito”. Occorre altresì comprendere e far comprendere che il punto di arrivo, oltre a sentire meglio, è il benessere emotivo. Infatti la soddisfazione è una percezione emotiva anche se indotta da elementi materiali di reale appagamento delle aspettative.
Non è mai un obiettivo in sè, ma un tramite per migliorare le performances sul cliente e una condizione necessaria per la crescita delle relazioni di clientela a lungo termine.
Una immagine positiva garantisce, anche in presenza di insoddisfazione, una temporanea protezione al rischio di abbandono e comunque un cliente soddisfatto porta possibili nuovi contatti grazie ad un positivo passaparola. Ad esempio nel passaggio dall’ascolto analogico al digitale, la diversa percezione dei suoni non sempre viene valorizzata dal cliente che misura il beneficio rispetto ad aspettative “personali”. Occorre quindi far rilevare (in questo caso) come sia in realtà più ampia la percezione e sia necessario e utile concentrarsi su altri aspetti che, proprio in quanto nuovi, non ancora rilevati nella loro importanza.
Quindi tutti i fattori possibili di alimentazione della soddisfazione vanno enfatizzati poiché motivano ulteriormente il cliente nel suo percorso di sperimentazione. Anche i questionari sulla soddisfazione del cliente fanno aumentare la sua considerazione poiché mostrano una forma di interessamento alla sua opinione e rappresentano una modalità per individuare possibili margini di miglioramento del servizio. Il cliente palesemente “soddisfatto” sposterà l’attenzione dalle sue aspettative iniziali trasferendola maggiormente sui consigli dell’audioprotesista che lo indurrà a conoscere meglio la sua protesi e a rendersi parte attiva nel percorso di adattamento migliorando la capacità di dare feedback.

06 agosto, 2006

Il sostegno psicologico ovvero il supporto umano...

La principale fonte di sostegno è, da sempre, il rapporto umano; offrire la possibilità di aprirsi, di sfogarsi e favorire per questo l’accoglienza del cliente e un primo colloquio in un ambiente tranquillo e riservato, è indispensabile. E’ importante la condivisione, il confronto, la partecipazione ai dialoghi con il cliente, poiché in questo modo si favorisce un punto cruciale per il cliente: l’accettazione di sé. E’ utile offrire un approccio globale che parta da una dimensione strumentale-funzionale e attraversi quella affettivo-emotiva. Nella prima occorre enfatizzare la necessità di poter aumentare la padronanza ed il controllo sui problemi quotidiani, di relazione e di vita in genere; nella sfera emotiva entrano i benefici e la visione di una maggiore serenità, di una minore tensione. Nel “bilanciamento” di questo approccio possiamo far venire fuori domande potenti che indaghino sulla progettazione del futuro e far sostenere il bisogno di costruire comportamenti e stili di vita più adeguati. E qui più che mai “tendere la mano” e partecipare al percorso di cambiamento delle percezioni in cui l’udito sta alla base. E’ fondamentale fare il primo passo e partire dal riconoscimento dei problemi in modo concreto. L’uso delle metafore e lo studio di esempi che riproducono le condizioni del disagio di chi è debole d’udito, anche in forma ironica, sono modalità immediate e reali. Si tratta di far passare messaggi che trapelino la competenza e la capacità di aver acquisito appieno i problemi del cliente, attraverso una dimensione emotiva che faccia risaltare l’intento di una operazione che vuole essere soprattutto di sostegno. La demonizzazione che ne consegue contribuisce alla demolizione delle resistenze e favorisce il processo di accettazione.
Garantire il supporto umano vuol dire creare le condizioni che consentano questa possibilità. Sono azioni che si integrano a quelle di tipo tecnologico. Possiamo affermare che nessuna azione tecnologica è possibile senza un adeguato supporto umano. E conta molto, moltissimo.
Hear and Say video

Che dire... è meraviglioso ! (tutti questi bambini erano sordi)

Come guadagnare la confidenza dell’interlocutore...


L’arte di guadagnare la confidenza dell’interlocutore, passa attraverso anche una massiccia dose di buon senso. Tecniche e metodi qui rappresentano armi che potenzialmente possono essere a doppio taglio. Il nostro cliente è, nella maggioranza dei casi, una persona sensibile e il tatto insieme alla pazienza sono elementi che non devono mancare mai. La confidenza ha bisogno di tempo per instaurarsi; essa parte quando si è consolidata la fiducia. E’ un passo importante e vi sono segnali chiari per capire se si è entrati o meno in quella fase. L’iterazione nel dialogo ad esempio, la “confessione” di resistenze nel senso più intimo del termine, l’instaurazione di un impasse emotivo, l’evolversi di contenuti “personali”, sono tutti aspetti che dovranno essere poi mantenuti, ravvivati. Si tratta di una sintonia che andrà ogni volta “riconosciuta”, confermata comprendendo in quale fase del processo di in-form-azione ci si trovi.
La confidenza mette a proprio agio le persone, abbatte le resistenze fasulle, apre la strada al vero racconto, alla vera descrizione del proprio disagio.Non giudicare innanzitutto e riportare (senza farle apparire come pettegolezzi) le esperienze di chi si è trovato in situazioni analoghe, può aiutare. L’atteggiamento “confidenziale” però se inopportuno o mal visto, può essere insidioso e far scatenare la chiusura, il rifiuto, la paura di una trappola, di un inganno. E’ indispensabile comprendere la disponibilità dell’interlocutore e agire apertamente, allargando i discorsi, reperire informazioni sul contesto del cliente, famiglia, gruppo di amici, lavoro (passato e presente). Queste azioni consentono di avere elementi che serviranno poi nel percorso di affiancamento. Sono proprio queste informazioni, che ricordate in successivi incontri, faranno scattare la “confidenzialità” e ottenere quindi più rapidamente la fondamentale disponibilità del cliente.In sintesi, la confidenza, indica l’attuazione di un reciproco coinvolgimento e di partecipazione emotiva, che rompe gli schemi di cliente/venditore trasformandoli in amico/referente e porta la dimensione dei problemi a livelli di interesse elevati poiché apertamente amalgamati da passione e entusiasmo. La consapevolezza del proprio ruolo di “confidente” e “confessore” insieme alla motivazione, al risultato, favoriscono la comprensione più accurata dei problemi e agevolano le azioni più opportune nell’interesse del nostro cliente che, in queste condizioni emotive rilassate, favorirà il nostro intervento. Esporsi dunque in una sorta di ascolto attivo che comprenda anche attenzioni ad argomenti non strettamente pertinenti la sordità ma riguardino il cliente in quanto persona, è fondamentale.

05 agosto, 2006

Entrance

Un bel video, semplice e significativo. Da vedere (cosa succede mettendo un apparecchio acustico...)

30 luglio, 2006

La pubblicità... commerciale. Aspettative deluse ?



Anche questo è un aspetto molto drogato da pubblicità fasulle che promettono sia risultati immediati che traguardi irraggiungibili. Qui l’ausilio uditivo viene presentato come un sostituto dell’orecchio e questo causa aspettative molto forti. Se da un lato proprio queste aspettative sono la forza che fa muovere l’audioleso verso l’idea di iniziare a pensare all’apparecchio acustico, questa stessa si ritorce contro nella misura in cui diviene evidente che la realtà è diversa.Occorre rendere responsabile il cliente facendo leva sulla propria autonomia di giudizio, facendogli riconoscere il contenuto commerciale e come e quanto tutte le pubblicità si spingano ben oltre la verità e non solo quelle del nostro campo. A tutte le obiezioni, false aspettative, diffidenze in genere, l’audioprotesista dovrà, ancora una volta, tendere una mano.
“Conoscere” significa sapere a cosa si va incontro ed essere preparati ad affrontare i cambiamenti; occorre quindi innescare, attraverso un vero percorso informativo, la costruzione di un meccanismo trasparente e veritiero che innesti fiducia. Si tratta insomma di far risaltare uno stile, farsi riconoscere “al posto giusto e nel momento giusto”, al di là del prodotto, al di là della esaltazione sulla qualità (pur sempre importante), il cliente va innanzitutto rassicurato. Anche ribadire che le informazioni, le confidenze raccolte, rimarranno riservate, sono atteggiamenti che inducono alla simpatia, che distinguono. Tra l’altro, le informazioni su esami e anagrafiche in genere, per la nota legge della privacy, è obbligatorio ricevere il consenso per farsi autorizzare l’archiviazione e la custodia dei dati personali.
Occorre trasformare quegli atteggiamenti di diffidenza in fiducia, la freddezza in cordialità e gestire la crisi come un momento di sviluppo importante. E’ necessario che il cliente percepisca l’attenzione massima e l’attribuzione di importanza che gli diamo condividendo il piano di intervento. Quindi anche altri elementi come spegnere il telefono, evitare rumori di fondo, non essere troppo appariscenti nel vestire e altro ancora, contribuiscono a far passare il messaggio.

Costi...


E’ spesso un problema reale dinanzi al quale bisogna concretamente porsi. Diverse le strade.
La valorizzazione del prodotto, per esempio; la miniaturizzazione non è mai abbastanza enfatizzata. Eppure se si conduce il cliente ad una considerazione più attenta sulla complessità e varietà della funzionalità di un apparecchio acustico, si identificano chiaramente le ragioni di costo che non sono solo di tipo tecnologico ma sono anche collegate ad una ricerca pressoché continua. Inoltre, è bene far comprendere quella funzione di servizio che è compresa nel prezzo. Infatti è fortemente anomalo che per tutte le visite successive e per un tempo praticamente indeterminato non venga richiesta più alcuna tariffa. Quindi l’assistenza non solo è gratuita, ma non è nemmeno quantificabile. E’ il rispetto e la diversità dei clienti che non lo consente; ma non ci si può esimere (se necessario) dal far comprendere al cliente il valore dell’attività qualificata di noi audioprotesisti e che se fosse quantificata sul reale tempo speso, al cliente stesso forse non converrebbe. Basti pensare che il minimo costo orario medio di un tecnico riparatore è di 37 euro!
Ci sono anche altri aspetti “economici” che motivano il costo. L’evoluzione tecnologica per esempio ha richiesto e richiede continuamente adeguamenti formativi e di attrezzature, sempre più necessari per la gestione.
Infine va detto che la scarsa diffusione degli apparecchi acustici non ha creato opportunità di sfatare il luogo comune del costo in maniera approfondita. Occorre pertanto ricorrere ad esempi su altri prodotti noti, ad esempio, come un automobile e rafforzarne il confronto.
Infatti se accettiamo l’idea di deterioramento in una automobile che abbia percorso 100.000 km. e consideriamo che l’Asl ritiene “sostituibile” ogni 5 anni un apparecchio acustico, se l’automobile (ipotizzando una media di 100 km. percorsi in un ora), raggiunge il suo decadimento dopo poco più di mille ore, l’apparecchio acustico (considerando un funzionamento per 16 ore al giorno) è dichiarato “sostituibile” (ma non è detto) dopo ben 18.250 ore di utilizzo! (3560 ore all’anno). A questo punto siamo in un rapporto di 18 a 1 anche rimanendo su una semplice utilitaria! Naturalmente non ci si può esimere dal cercare e proporre alternative come finanziamenti, pagamenti rateali, campagne sconti...

Pubblicita' progresso ?????

Pubblicita' progresso ???

Cosa vuol dire essere vicino a persone che non portano un apparecchio acustico....

La maledizione del passaparola ...


Cosa significa dover smentire la testimonianza? Intendo in questo modo sollevare quasi un paradosso. Questo settore vive tantissimo del “passaparola”, lo sappiamo tutti. Spesso però non si tiene conto di una vecchia e nota legge di comunicazione: le cattive notizie (o esperienze) “viaggiano” molto più velocemente delle buone e, talvolta, si amplificano (il portatore di cattive notizie spesso le alimenta per giustificarne maggiormente la diffusione).

Un cliente insoddisfatto rende un pessimo servizio alle persone che necessitano di apparecchi acustici poiché li allontana, anziché avvicinare, ad una soluzione.
In secondo luogo il “passaparola negativo” viene enfatizzato, usato, da coloro che cercano cause “esterne” che motivino la loro stessa resistenza o fallimento personale. Oltre a ciò un potenziale passaparola negativo può essere presente nel nostro interlocutore ma semplicemente non lo dice! Sarà comunque necessario dunque indagare e far emergere questo aspetto, se presente, perché sia possibile smontarlo. Pur non essendoci una regola in generale, l’attenzione su questo delicato argomento, comunque alimenta la stima poiché ci si pone in una posizione di ascolto ed è possibile qui raccogliere ulteriori elementi per riprendere il dialogo e visualizzare un altro punto di vista.
Va comunque riportata l’analisi di Andreasen (1988) e Glefjell (1990) dove hanno rilevato che il 60% dei consumatori insoddisfatti non fa nulla, non espone alcun reclamo. Quindi, affermano, che probabilmente l’insoddisfazione è sì una condizione necessaria ma non sufficiente per reclamare. Pertanto i dati, le statistiche riguardanti il passaparola negativo devono tenere ben presente che il grado di insoddisfazione è correlato solo in parte con la probabilità di una lamentela e pertanto non ci si può basare sul numero di clienti che dichiarano lo scontento poiché il numero degli insoddisfatti può essere più elevato. In ogni caso, il reclamo, dipende da come il cliente “si spiega” il difetto, dalle sue aspettative, dalla perdita di tempo impiegata.

Come vincere la diffidenza (paura di essere etichettati come disabili, paura di essere etichettati come anziani)


L’età anagrafica di una persona non dà una giusta indicazione: lo stereotipo che identifica il 70enne come "vecchio" è sorpassato, non ha più ragione di esistere di fronte a "splendidi settantenni" pienamente attivi. Una persona sessantacinquenne in pensione è ancora perfettamente attiva, senza problemi fisici che ne limitano in modo sostanziale l’autonomia.

Negli ultimi 10 anni, il tasso di disabilità è diminuito di circa 2 punti percentuali (dal 6 al 4%) e i 65-enni di adesso hanno davanti a loro mediamente sei anni di vita in più rispetto ai loro coetanei del dopoguerra. Non solo: gli stessi sono in grado di vivere per più anni in maniera autonoma, toccando la soglia dei 77 anni, per l’uomo, e dei 79 anni per la donna.

Potrebbe dunque essere una "seconda età adulta": un’età intermedia, non anziana, in cui si è ancora forti ed in buona salute ed in cui domina la voglia di essere ancora attivi ed impegnati in compiti e ruoli adatti, che valorizzino l’esperienza e la saggezza accumulata negli anni.

L’Istat riassume, quindi, il dibattito attuale: è necessario rendere dinamico il concetto di anzianità. L’ipotesi più diffusa è quella in base alla quale occorre riferirsi ad un indicatore statistico più dinamico, più versatile, che consideri non più gli anni trascorsi dalla nascita, passati, ma il numero medio di anni che restano ancora da vivere, gli anni futuri. Cioè, se la speranza di vita della popolazione italiana è 77 anni, si entra nell’età anziana 10 anni prima, a 67 anni. Quando, tra qualche anno, la speranza di vita si innalzerà ancora, così come è successo per tutto il secolo scorso, si innalzerà automaticamente anche la soglia dell’età anziana.

Questo cambio di mentalità potrebbe rappresentare un grosso vantaggio per la società: sarebbe possibile programmare gli interventi sociali, assistenziali e previdenziali, secondo le reali esigenze delle persone. Infine occorre anche comprendere un punto focale: il nostro potenziale cliente non ha ancora avuto percezione dei vantaggi e pertanto sta considerando l'apparecchio acustico solo come “
un problema in più”. Decisivo portare l'esempio di come la “sordità” sia molto più visibile e discriminante.

27 luglio, 2006

La varietà degli “estetismi”....

Ma la comunicazione verbale l'abbiamo davvero ottimizzata e la arricchiamo continuamente di nuovi contenuti e strumenti? (e che non siano solo tecnologici). Le metafore, a volte, possono facilmente aiutare a far comprendere l” eccessiva apprensione su alcuni aspetti.
Ad esempio anche se la tecnologia e l’attenzione alla psicologia del paziente oggi abbattono la barriera “estetica” dell’apparecchio acustico (infatti esistono soluzioni di dimensioni ridottissime definite “invisibili’), esaltando l’attenzione a questo aspetto, non si fa che confermare il problema più diffuso: la “visibilità” fisica dell’apparecchio acustico. Invece porre l’attenzione sulla diffusione di altri apparati utilizzati senza imbarazzo come il bluetooth, o la attenzione addirittura “richiamata” sul proprio orecchio da parte di chi si sottopone ad un piercing (vedi la foto nel post 'Orecchie'), sono esempi di quotidianità e di accettazione di una diversità che è stata ormai normalizzata e che non stupisce più.

E’ bene ricordare che quasi tutte le persone audiolese, per compensare il deficit, hanno appreso fin da tenera età, spontaneamente, una strategia fondamentale che è la lettura labiale, sviluppando il canale visivo. Sentono soprattutto con gli occhi e compensano la carenza di udito con una spiccata attenzione visiva; quindi la comunicazione non verbale ha qui una rilevanza importante.
Per comunicazione non verbale si intende qualsiasi comportamento, intenzionale o meno, che vada al di là delle parole in sé, che possa essere recepito da un ricevente come portatore di significato. Quindi sono coinvolti numerosi aspetti tra i quali: mimica facciale, sguardo, gesti, movimenti, postura, aspetto fisico, distanza interpersonale e altro ancora come, per esempio, l'ambiente, gli arredi e così via.
J. Eibl-Eibsfeldt sostiene che molte delle espressioni del viso, caratteristiche degli stati emotivi come la rabbia la tristezza e la felicità (entusiasmo), siano innate e non debbano essere apprese poiché i bambini che nascono ciechi e sordi rivelano fondamentalmente identiche modalità facciali della risata, del sorriso, del pianto, dei bambini nati normali. La metà superiore del viso intorno agli occhi e delle sopracciglia sembrano particolarmente importanti per segnalare emozioni…
Desmond Morris ha individuato 67 categorie di gesti e di comportamenti vari. Questo può dare un'idea della complessità dell'interpretazione del linguaggio del corpo.
Quindi possiamo enfatizzare quello che diciamo tenendo conto che il 70% del contenuto di un messaggio è di natura non verbale. I messaggi non verbali possono accompagnare quelli verbali o contraddirli ma l’entusiasmo è la vera forza della comunicazione.
Approfondire la capacità di comunicazione significa soprattutto calare, anche nel contesto del cliente, questi strumenti per cogliere più a fondo esigenze, problemi, resistenze e così via. Si tratta anche di conseguire processi di immedesimazione, di inversione di ruoli, che permettano a noi audioprotesisti di percepire prima e mostrare dopo sfumature che diversamente non verrebbero considerate. Ed è tra queste sfumature che acquisiscono valore tutti quegli aspetti che rendono maggiormente percepibili emozioni, calore, professionalità. E’ importante quindi che la comunicazione non verbale non contraddica assolutamente ciò che diciamo. Si dice che parliamo con la mente ma comunichiamo con il cuore. L’entusiasmo porta con sé energia che viene trasmessa ma la strada dell’entusiasmo la possiamo percorrere solo se crediamo nei nostri discorsi al punto da esserne emotivamente coinvolti. Allora basteranno parole semplici e appropriate, messaggi brevi ma incisivi. Ricordiamo che l’entusiasmo è una delle emozioni più visibili e la comunicazione non verbale permette di segnalare le emozioni.

Come instaurare un dialogo con il nostro interlocutore...

Al di là delle tecniche, obbiettivi, finalità o necessità da soddisfare, fin dall'inizio è importante creare quella sintonia che “naturalmente” ci permetta di ottenere ascolto; quell’attenzione necessaria affinchè “passi” poi il messaggio e sia efficace e quindi realmente compreso. Tra soli due interlocutori la personalità, il modo di porsi, la comunicazione non verbale, sono tutti elementi importanti che contribuiscono all’intensità del flusso di comunicazione. Intensità che apre alla confidenza e permette di fare leva su quegli aspetti di disagio, mostrando quell’attenzione “consapevole” che riveli l'interesse sul cliente. Dobbiamo tenere anche conto che il cliente (questo cliente) tende a nascondere il suo problema ed è naturalmente aiutato dalla poca visibilità “fisica” della sordità.
Il feeling scatta se si sentirà “alleggerito”, quindi non solo compreso ma anche messo in condizione di avere fiducia e che potrà scaricare la tensione, la vergogna, la paura di non farcela. Sono tutti elementi che l'audioprotesista riconoscerà della massima importanza e alimenterà il dialogo, la fiducia attraverso manifestazioni continue di passione e disponibilità tendendo idealmente una mano fino a che il suo cliente sarà autonomo. La dimensione comunicativa nell’approccio del linguaggio dipende da diversi fattori: quali la qualità della comunicazione e la strategia adottata.La prima va in direzione della applicazione di tecniche di comunicazione, la seconda rappresenta la scelta dell'audioprotesista, personale e flessibile, poiché è direttamente conseguente dalla personalità del cliente. Per esempio con determinate personalità “asciutte” un'eccessiva prolissità rischia di far distrarre mentre invece accade il contrario se la persona si presenta come “calda” e disponibile. Occorre comunque rendere il cliente consapevole della sua perdita uditiva spiegandone gli effetti e l’audiogramma, il suo significato e le implicazioni. Cosa accade oggi nel suo modo di sentire e cosa potrebbe accadere nel futuro se non vi si pone rimedio, illustrando la relazione tra tutti i processi fisiologici che sono coinvolti nel sentire. La vista, il processo cognitivo, il processo di elaborazione e codifica del messaggio, la memoria, sono interessati nell’ascolto e anche in presenza di un piccolo difetto uditivo, tutto quello che abbiamo descritto può perdere proporzionalmente di efficienza (Figura I). Infatti, la presbiacusia, può essere una delle possibili cause di un decadimento cognitivo generalizzato e della conseguente dissociazione tono-verbale.
Pertanto è importante suscitare interesse ed attenzione, essere chiari, completi, esporre in modo logico e ordinato, lasciare parlare, dimostrare attenzione e coinvolgimento, adattare il linguaggio all’interlocutore, essere persuasivi e in ultimo ottenere consenso, risolvendo dubbi e incertezze. In ogni caso occorrerà guardare il cliente negli occhi: oltre ad essere un segnale di rispetto, mostra immediatamente all'interlocutore che lo si sta seguendo; ascoltare e il piegare la testa da un lato fissando l'interlocutore, per esempio, indica benevolenza, fiducia, disponibilità all'ascolto e conferisce autorevolezza al dialogo. Va anche tenuta in conto la interculturalità di alcuni nostri potenziali clienti originari di particolari zone del mondo. Per fare un esempio, se l’abitudine dei francesi è di guardare diritto negli occhi mentre si parla, per gli americani questo è un segnale di aggressività; tra queste due culture vi sono comunque ampi riferimenti comuni per dialogare con serenità. Nella realtà di oggi in Italia, invece, andiamo a relazionarci sempre più con persone provenienti da paesi, come l’Asia o l’Africa, dove sono più forti le differenze con l’Europa. Pertanto, in questi casi, si opererà con un approccio più delicato. Queste sopraccitate tecniche sono solo alcune tra le tante che favoriscono e danno enfasi al dialogo. E” necessario comprenderne il valore ponendosi, ahimè, oltre l'autoformazione e l'esperienza personale e collocando nella propria professionalità anche un “tempo di lavoro” per approfondire argomenti legati alle modalità della comunicazione e sentire infine questa come l'unica prassi che “rinfreschi” ed eviti il cristallizzarsi di schemi privi di contenuti. Tecniche e stili si evolvono perché si evolvono le stesse persone e non inseguire (meglio sarebbe riuscire ad anticipare) tutto questo, può comportare quella inadeguatezza che viene poi percepita come disinteresse.

25 luglio, 2006

La sordità, il problema invisibile...

Uno degli aspetti più emblematici della sordità è quello di essere un deficit in qualche modo nascosto, quindi non immediatamente visibile.
Gli altri handicap, come quelli motori e psichici, si notano maggiormente: un bambino affetto da sindrome di down si distingue per la particolare conformazione del suo viso, un paraplegico per la sua evidente difficoltà motoria, trattandosi cioè di un handicap palese, che è tangibile e facilmente riscontrabile.
La sordità non si vede e pertanto l’handicap non è cosi evidente. La non visibilità di tale patologia (l’ipoacusia) può ritardarne la diagnosi. Il soggetto ipoacusico è apparentemente un individuo autonomo e non necessita di assistenza fisica come nel caso di altri handicap più gravi.
Egli manifesta un’integrità fisica e cognitiva nella norma. Mentre il cane o il bastone bianco per il cieco o la carrozzina sono visibili, palesi e concorrono a far capire la diversità di cui si è portatori, le protesi acustiche sono spesso nascoste dietro i capelli e non ci si accorge della sordità di cui è affetto il soggetto, a meno che non gli si rivolga la parola a una certa distanza, parlandogli alle spalle o che lo si chiami in un ambiente rumoroso.
Per definire l’handicap oggi si preferisce la dizione situazione di handicap o preferibilmente soggetti con abilità differenti. I termini come “soggetto portatore di handicap” o “handicappato” sono superati. Non si tratta di tendere ad etichettare l’individuo, mettendone in luce solo gli aspetti relativi alla sua menomazione, quanto piuttosto di attivare termini che rivelino una maggior attenzione alla persona considerata nella sua globalità, di cui la minorazione è solo una componente.
Il termine “soggetto in situazione di handicap” sottolinea l’aspetto dinamico ed evolutivo delle persone che presentano una disabilità, mentre un adeguato processo educativo e riabilitativo può ridurre gli svantaggi legati al suo handicap. Oggi si tende ad utilizzare la definizione di soggetti “diversamente abili”, per sottolineare il valore dell’originalità di ciascuna persona. Questa accezione potrebbe aver il vantaggio di far riflettere su una condizione più complessa del singolo individuo, sulle sue potenzialità cognitive e affettive, che coinvolgono il contesto in cui vive, le dinamiche relazionali, le determinazioni storiche e culturali.

24 febbraio, 2006

Orecchie ?????


Tanto per dire la verità.... in paesi più evoluti si vendono protesi acustiche colorate !
Basta basta basta ! LA VOGLIAMO CAPIRE (e far capire) CHE LA SORDITA' SI VEDE MOLTO DI PIU' ?

15 gennaio, 2006

Premessa


Da oggi e un pò alla volta (quando il tempo me lo consentirà), inserirò qui stralci della mia tesi che, sostanzialmente, raggruppa e descrive l'esperienza che ho acquisito in questo campo.
Mi farà molto piacere ricevere considerazioni e o quant'altro possa far accrescere e scambiare la 'cultura' su questo argomento. Buona lettura e... spero di non annoiarvi !!!


La complessità del problema sordità fa sì che occorre tenere continuamente conto del “cliente-persona”. Non si può racchiudere in un gioco di “causa-effetto” o di “cliente-fornitore” o “problema-soluzione”, l'attenzione che richiedono le persone audiolese.
Inoltre è indispensabile una poliedricità di tecniche e di conoscenze che siano sempre e comunque potentemente alimentate da sincera passione.
La necessità più urgente in Italia è quella di dover fare “cultura” e abbandonare gli stereotipi (del cliente e dell’audioprotesista) lasciandoli al passato. Un mezzo potente per cominciare a diffondere le premesse che saranno poi oggetto di approfondimento nella comunicazione con il cliente, è la comunicazione pubblicitaria. Attraverso questa è possibile conseguire importanti obbiettivi di “normalizzazione” del problema dell’ipoacusia favorendo ricorsi più immediati alla soluzione.

Sopratutto...dobbiamo tenere anche conto che il cliente (questo cliente) tende a nascondere il suo problema ed è naturalmente aiutato dalla poca visibilità “fisica” della sordità.

25 settembre, 2005

Lavorare nella sordità.....

Lavorare nella sordità non è possibile senza una grande passione e un grande entusiasmo.
Ci sono aspetti di questo campo che pur dando grandissime soddisfazioni, devono fare i conti qui in Italia con una mancata 'cultura della disabilità' che, al pari di altre tematiche, normalizzi l'approccio e renda più sereno chi vive queste problematiche (complesse o semplici che si presentino).
E si possa viverle 'al sole'.
Ne parleremo... bisogna parlarne.

Sopratutto per i bambini...

21 settembre, 2005

Cominciamo....

Salve !

Comincia qui uno spazio dove inserirò esperienze, riflessioni e altro relativamente al mondo della Sordità (dove opero). Sono graditi i contributi e/o commenti qui